fotografo
Non voglio sentire il profumo di un fiore, senza riconoscerne il colore;
non voglio sentire i battiti del mio cuore, senza riconoscerne l’ardore.
Quando tu avrai sentieri per raggiungermi,
io esplorerò vette nuove:
mi confonderò con i perduti silenzi, per toccare ciò che mi muove.
Sposterò lassù ogni desio
e vi nasconderò il mio oblio.
Mi lascio cadere su un vuoto screziato;
cerco, nuda e informe, un colore macchiato;
gioco, invisibile, con l’aria robusta;
graffio ogni superficie che ritengo per me giusta.
A te penso mentre mi distendo su questa Terra che respira…
e, come lei, vorrei sentirmi ancora viva!
A te penso e ripenso, mentre sfoglio questo album sbiadito, che mi ritrae sempre con lo stesso vestito.
Ma non voglio colorare questa coltre bianca, voglio sporcarla con la mia mano stanca.
Sconfinato ed eterno,
a te mi arrendo,
perché non so andare
oltre quel tuo limitare.
Rami sparsi e occhi arsi,
il mio divagare e il tuo sconfinare.
Non sono in grado di cercare risposte,
ma rifuggo quelle imposte
Danziamo con il nostro opposto e
camminiamo con l’eterno scontro tra raziocinio ed inconscio.
Siamo schiuma sulla sabbia ed
istinti chiusi in gabbia.
Abbiamo infiniti colori ed
indossiamo solo certi valori.
Siamo pace e terra,
cielo e guerra.
La mia pelle si confonde con il tempo,
mentre il tuo odore, ora, si disperde nel vento.
La mia mano resta ferma sui ricordi,
mentre strappa via veli, segni e sogni irrisolti.
Senza respiro ho accolto il tuo vorticoso andare e,
mentre tu occupi i miei spazi,
io ho ancora bisogno della tua bocca e della mia penna,
del tuo parlare e della mia pelle.
Si perde nell’indefinito candore,
che è ineffabile purezza,
l’incontenibile ebrezza
dell’esser solitari
tra le innumerevoli vette,
che, invano, sfiorano lari
mentre il battito del cuore travalica,
fugge e cerca ripari,
inseguito da una bianca eco
che avvolge ed inebria
l’incanto di un momento!
Insignificante per i più,
quello scorcio eri tu,
come quelle emozioni al limite che hanno il sapore delle Baccanti di Euripide.
Vorrei toccarti, ascoltarti e
fondermi nei tuoi pensieri,
nei tuoi insondabili desideri.
Ma il mio destino mi schiaccia al suolo,
così come le convenzioni agli obblighi del ruolo.
La paura, sai, a volte,
raccoglie lapilli del mio vagare in questo mondo e ne fa briciole di un’esistenza affannata e lontana.
E, allora, mi nascondo e ti vengo a cercare,
perché ho bisogno di sentire il mio essere e il suo divenire.
Ci incrociamo, ma non ci fermiamo.
Note stonate,
sillabe dimenticate,
sguardi intermittenti,
contatti assenti,
pelle dura,
morbo senza cura,
binari distanti,
ragioni insignificanti.
Così, ci guardiamo,
ma non ci vediamo.
Ho bisogno di leggerezza,
anche quando, poi, il vento mi spezza.
Non posso fermare i miei passi, nemmeno davanti ai vostri sassi;
non posso ruotare senza vibrare.
Non posso vivere e lasciarmi uccidere.
Le mie catene, oh, le mie catene,
certamente le mie pene;
i miei vezzi, tutti quei vezzi, sempre estremamente solerzi;
i tuoi veleni, quelli molto spesso senza freni.
L’acqua, il mare, il mio mare, e la libertà un giorno di andare.
Non ho nulla da dire,
ma tu non lasciarmi in equilibrio su questo mappamondo ingiallito,
perché le mie gambe vacillano e il mio cuore stanco rischia di cadere.
Trattienimi e solleva le mie incertezze,
perché le mia dita sfiorino l’orlo di un sublime imperfetto.
Non sa di essere nuda,
la tua anima,
mentre l’abbraccio e ne riconosco l’umore.
Mentre l’assaggio e ne sento l’odore.
Ti ho vista lì, in quella foto.
Ho guardato il tuo viso distratto,
ho ritratto la tua figura distante,
ho delineato il tuo essere fugace ed immanente,
ho amato la tua istantanea e il tuo assoluto apparente.
Ho indossato per te calze nere,
sere sole, ore intere, giochi matti, tacchi alti, tormente spente e danze lente.
Ora, però, voglio solo la tua mente.
Immagini e pensieri sparsi di un fotografo e di una professoressa .
A cura di Cristian Palmieri e Rosanna Volpe
Danziamo con il nostro opposto
e camminiamo con l’eterno scontro tra raziocinio ed inconscio.
Siamo schiuma sulla sabbia
ed istinti chiusi in gabbia.
Abbiamo infiniti colori
ed indossiamo solo certi valori.
Siamo pace e terra,
cielo e guerra.
Immagini e pensieri sparsi di un fotografo e di una professoressa .
A cura di Cristian Palmieri e Rosanna Volpe
La paura, sai,
a volte, raccoglie lapilli del mio vagare in questo mondo e ne fa briciole
di un’esistenza affannata e lontana.
E, allora,
mi nascondo e ti vengo a cercare,
perché ho bisogno di sentire il mio essere e il suo divenire.
Ti ho pensata e ti ho amata.
Mi sono seduto sui gradini del cielo e ti ho vista sorridere.
Ti sei spogliata davanti ai miei occhi.
Mi hai regalato le tue nudità, ma mi hai nascosto l’altra metà,
quella più intima, quella labirintica,
quella che rivela la tua natura e svela la tua paura.
Ti ho, allora, regalata al tempo e ho chiuso i miei occhi adoranti, pensandoti ancora, ma senza rimpianti.
Rosanna Volpe
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